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venerdì 14 ottobre 2011

☆(((Film di maggiore incasso della storia del cinema)))☆


Casablanca è un film del 1942 diretto da Michael Curtiz.
Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al secondo posto della classifica dei cento migliori film americani di tutti i tempi e dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è sceso al terzo.

(Trama)
Durante la seconda guerra mondiale, l'espatriato americano Rick Blaine gestisce un locale, il Rick's Café Américain, a Casablanca, nel Marocco francese, parte della cosiddetta "Francia non occupata", controllata dal regime filo-nazista del Governo di Vichy; egli ha un passato di contrabbandiere d'armi, in favore degli etiopi durante l'invasione italiana del 1935, e di combattente repubblicano, durante la Guerra Civile Spagnola, ma sembra essere diventato un uomo cinico e dichiaratamente neutrale sulle vicende politiche e belliche che stanno accadendo.
Una sera arriva nel suo locale un certo Ugarte, un malvivente molto conosciuto nella zona, con due lettere di transito rubate, reato aggravato dalla morte di due soldati tedeschi che le trasportavano; le lettere di transito sono documenti che consentono di lasciare Casablanca sull'aereo che conduce a Lisbona permettendo, una volta arrivati, di potersi recare negli Stati Uniti grazie alla condizione di neutralità del Portogallo. Ugarte prevede di vendere le lettere a un prezzo molto alto al miglior offerente e, allo scopo, ha organizzato un incontro con il compratore nel locale di Rick. Tuttavia, prima che egli possa realizzare il colpo, viene arrestato dai poliziotti del capitano Louis Renault (un funzionario francese fedele a Vichy, che intende dimostrare in questo modo la propria efficienza al maggiore Strasser, ufficiale tedesco giunto nella capitale marocchina per controllare l'efficacia delle misure contro i ricercati ed i dissidenti) non prima però di avere consegnato le lettere a Rick, affinché le custodisse.
L'incontro tra Rick, Ilsa, Victor Laszlo ed il capitano Renault al Rick's Café Américain
Il giorno dopo giunge a Casablanca Ilsa Lund, una profuga norvegese amata da Rick a Parigi nei giorni a cavallo della sua occupazione, insieme al marito Victor Laszlo, uno stimato leader della resistenza cecoslovacca, internato in un campo di concentramento e successivamente fuggito e da quel momento ricercato dalla Gestapo. L'arrivo della donna getta nello sconforto Rick, ancora innamorato di lei e che non riesce a perdonarle di averlo abbandonato al momento della sua partenza dopo l'arrivo delle truppe tedesche. Ilsa giustifica il suo comportamento con la presunzione che il marito fosse morto ma, scoprendo che invece era ancora vivo, aveva deciso di riunirsi a lui senza però fornire spiegazioni all'innamorato.
La situazione di pericolo a cui è esposto Laszlo a Casablanca induce lui ed Ilsa a tentare di procurarsi due lettere di transito per fuggire in America e proseguire la loro lotta al nazismo e si rivoglono a Ferrari, un faccendiere locale, che tuttavia, al fine di evitarsi il pericolo che rappresenterebbe aiutare l'esule, si rifiuta di aiutarli ma allo stesso tempo informandoli che Rick è in possesso delle due lettere consegnategli da Ugarte; Rick non vorrebbe consegnare le lettere a nessun prezzo, da un lato per vendicarsi della sofferenza subita e dall'altro perché, ancora innamorato di Ilsa, vorrebbe trattenerla con sé, ma il suo comportamento cambia quando, parlando con Laszlo, questi insiste perché lui ed Ilsa partano insieme, lasciando lo stesso Laszlo in Marocco: il ceco è disposto a perdere la propria donna, pur di saperla al sicuro all'estero.
Rick convince Ilsa a partire con il marito nella scena conclusiva del film
Colpito dallo spirito di sacrificio e dall'amore di Laszlo, ed, allo stesso tempo, ricordando il proprio passato patriottico, Rick elabora un piano: facendo il doppio gioco, promette al capitano Renault di consegnargli Victor quando, nel proprio locale, gli avrebbe consegnato le lettere ma egli, al momento dello scambio, minaccia Renault con la pistola e lo costringe ad accompagnare lui, Laszlo e Ilsa all'aeroporto, dopo aver fatto una telefonata per garantirsi il libero passaggio; il capitano però finge solamente di telefonare all'aeroporto mentre invece avvisa il maggiore Strasser, che si precipita per raggiungerli allo scopo di bloccarli.
Mentre attendono la partenza dell'aereo Ilsa, in nome dell'amore che ritiene di provare ancora per Rick, sarebbe tentata di rimanere con lui ma questi la convince a partire insieme al marito e, mentre il velivolo con a bordo Victor e Ilsa inizia a rullare verso la pista di decollo, Strasser giunge trafelato e tenta di contattare la torre di controllo per bloccare i fuggitivi, ma viene ucciso da Rick. L'aereo parte indisturbato ed, all'arrivo dei gendarmi, Renault rivela la sua autentica natura di patriota, ordinando ai colleghi di fermare i soliti sospetti, e proponendo a Rick di fuggire insieme a Brazzaville, nell'Africa Equatoriale Francese, controllata dalle forze della Francia libera, iniziando tra loro quella che Rick definisce una bella amicizia.
Suonala ancora Sam 
Ilsa (Ingrid Bergman) chiede a Sam di cantare la loro canzone
Ilsa al "Rick's Café Americain" convince Sam a suonare ancora la loro canzone, Rick sopraggiunge e si dimostra seccato. Questa scena è non solo una delle più famose del film, ma dell'intera storia del Cinema. Ecco i dialoghi per intero. 
Ilsa: Suona la nostra canzone, Sam. Come a quel tempo.
Sam: [sospirando] Non conosco cosa dite, signorina.
Ilsa: Suonala, Sam. Suona... "Mentre il tempo passa".
Sam: [sospirando] Non ricordo signora. Mia testa un poco stanca.
Ilsa: Su, te l'accenno io. Da-dy-da-dy-da-dum, da-dy-da-dee-da-dum...
[Sam comincia a suonare]
Ilsa: Canta Sam.
Sam: [cantando] You must remember this / A kiss is just a kiss / A sigh is just a sigh / The fundamental things apply / As time goes by. / And when two lovers woo / They still say, "I love you" / On that you can rely / No matter what the future brings / As time goes by...
Rick: [arrivando lì] Sam, Non ti avevo detto di non suonarla più?
[Guarda Ilsa. Sam chiude il piano e se ne va]


 
Colazione da Tiffany è un film americano del 1961 con Audrey Hepburn e George Peppard, tratto dall'omonimo romanzo di Truman Capote. È stato diretto da Blake Edwards.
L'interpretazione della eccentrica, ingenua e mondana Holly Golightly è generalmente considerata la miglior performance di Audrey Hepburn. L'attrice stessa affermò che quello fu uno dei suoi ruoli più difficili: lei era introversa ed avrebbe dovuto interpretare un personaggio estroverso. La scena in cui la Hepburn canta Moon River sicuramente aiutò Henry Mancini e Johnny Mercer a vincere l'Oscar per la miglior canzone.. Inoltre il film segna il culmine della carriera cinematografica di George Peppard.

(Trama)

Holly (Lulamae Barns, alias Holiday Golightly) è una giovanissima ragazza di grande fascino e spontaneità,e bellezza per vivere fa la prostituta d'alto bordo e chiama le sue prestazioni "fare la toletta". Questa sua attività le permette una vita mondana e la frequentazione dell'alta società e per risolvere definitivamente i suoi numerosi problemi economici, è decisa a rinunciare all'amore (o almeno a viverne uno fittizio) sposando un uomo ricco, che la renda soprattutto felice materialmente regalandole gioielli dell'amato negozio Tiffany ("Non ci può capitare nulla di brutto là dentro, non con quei cortesi signori vestiti così bene, con quel simpatico odore d'argento e di portafogli di coccodrillo" dice Holly a Paul durante una loro conversazione, quando lei ha ' le paturnie ').

Un giorno giunge in città un giovane uomo di nome Paul, scrittore introverso ed apparentemente freddo, in cerca d'ispirazione. Anch'egli non naviga nell'oro, scrivendo e cercando lavoretti per vivere o addirittura aspettando che i genitori gli mandino qualche soldo per il suo compleanno.

Le personalità di Paul e Holly inevitabilmente si scontreranno: lui cercherà di sgretolare il mondo etereo ed artificiale nel quale Holly ama rifugiarsi per sfuggire alla sua realtà di persona estremamente pratica, e lei saprà fargli abbandonare il suo cinismo, donandogli oltretutto l'ispirazione per il suo nuovo libro.



 
Via col vento (Gone with the Wind) è un film drammatico diretto da Victor Fleming nel 1939; è uno dei film più famosi della storia del cinema e ha stabilito dei record che rimangono tuttora insuperati. Il film venne prodotto da David O. Selznick e distribuito dalla Metro-Goldwyn-Mayer; la sceneggiatura, in buona parte dovuta a Sidney Howard, è tratta dal romanzo omonimo di Margaret Mitchell, vincitore del premio Pulitzer nel 1937.La lavorazione del film fu molto complessa e travagliata per i film di quel periodo storico: complessivamente richiese circa due anni per poter essere realizzato e il suo completamento è dovuto principalmente al grande sforzo economico e lavorativo di Selznick, la cui intenzione era di farne un grande affresco storico, oltre che una semplice storia d'amore; per raggiungere il suo scopo Selznick vi dedicò quasi tutte le sue energie nel periodo della produzione. Proprio la grandiosità produttiva e il grande successo di pubblico rendono questo film una pietra miliare indiscutibile nella storia del cinema; si è trattato, infatti, del primo caso di successo planetario nella storia del cinema.Ufficialmente la regia è attribuita a Victor Fleming, ma durante la produzione si sono succeduti George Cukor e Sam Wood.]Lo stesso Selznick (considerato da molti il vero autore del film) ha avuto una forte presenza nella direzione così come su molti aspetti del film, tra cui anche la sceneggiatura, il montaggio e la scelta degli attori, a dimostrazione che questo più degli altri è il "suo" f(Trama)

Sud degli Stati Uniti, 1861: due ricche famiglie di possidenti terrieri, gli O'Hara, nella loro proprietà "Tara", e i Wilkes nella vicina tenuta de "Le Dodici Querce", vivono spensieratamente e in modo mondano. Un giorno la figlia maggiore degli O'Hara, Rossella, è a colazione con i fratelli Stuart e Brent Tarleton, i quali le comunicano che Ashley Wilkes ha intenzione di sposare la propria cugina Melania Hamilton. Rossella prende molto male la notizia, essendo anche lei innamorata perdutamente di Ashley e convinta di essere ricambiata. Poco dopo Rossella va incontro al padre, Gerald, che le comunica che i Wilkes hanno intenzione di dare una festa e le conferma la notizia dell'imminente matrimonio tra Ashley e Melania; Rossella rimane sconvolta e decide di rivelare ad Ashley il suo sentimento per lui, convinta che questo lo convincerà a cancellare le nozze. Il padre, visto l'interesse della ragazza le chiede se non sia successo qualche cosa di sconveniente tra di loro ma lei lo rassicura. Camminando verso casa Gerald le ricorda che ha del sangue irlandese e che come tutti gli irlandesi è dalla terra che trarrà la forza per affrontare la vita, la terra rossa di Tara. Rossella, dopo una discussione con Mamy in merito alla colazione, va alla festa e si comporta in modo molto esuberante, attirandosi le simpatie dei ragazzi e le antipatie delle ragazze, invidiose del suo successo con gli uomini; durante il riposo dopo pranzo le donne vanno a dormire, ma Rossella si alza dal letto e decide di andare a cercare Ashley per comunicargli il suo amore. Lo trova insieme a tutti gli altri uomini, mentre questi sono intenti a discutere di politica.

La minaccia del governo federale di imporre le regole della società industriale e di abolire la schiavitù, fonte di manodopera a basso costo per la coltivazione del cotone, incita gli animi idealisti dei giovani del Sud ad abbracciare l'idea di una guerra di secessione. Un noto e scaltro avventuriero di Charleston, Rhett Butler, avverte tutti i partecipanti alla discussione della superiorità di mezzi degli Stati nordisti: egli, infatti, è stato negli Stati del Nord e fa notare a tutti che il Sud è totalmente sprovvisto di fabbriche di cannoni e munizioni; inoltre, la maggior parte dei campi coltivabili vengono destinati al cotone e ad altri beni secondari, non al cibo, e quindi i nordisti con le loro forti navi da guerra potrebbero, bloccando i porti, tagliare i rifornimenti a tutto il Sud. La maggior parte degli uomini prende le parole di Butler come un'offesa alla patria, e l'orgoglio impedisce a tutti di ascoltare i saggi consigli dell'uomo, che ha fama di rinnegato. In particolare Carlo Hamilton, fratello di Melania, vorrebbe sfidarlo a duello ma Ashley riporta la calma tra di due.
Butler esce dalla sala della riunione; Ashley lo segue per dovere d'ospitalità e, nel cercare di raggiungere Rhett, si imbatte in Rossella, che lo porta in una stanza e gli comunica il suo affetto. Lui, però, risponde che pur volendo molto bene a Rossella intende sposare ugualmente Melania; udito questo, Rossella va su tutte le furie e, dopo l'uscita di Ashley dalla stanza, lancia un vaso contro il muro, rompendolo. In quel momento si accorge che Rhett Butler era nascosto dietro il divano e che ha sentito tutta la conversazione. Pochi minuti dopo arriva la notizia che la guerra di secessione è cominciata: la migliore gioventù del Sud corre ad arruolarsi. Rossella riceve la proposta di matrimonio di Carlo Hamilton e, sebbene non innamorata di lui, accetta per fare un dispetto ad Ashley. Poco dopo il doppio matrimonio, i due mariti partono per la guerra. 



Marilyn Monroe, nome d'arte di Norma Jeane Baker (Los Angeles, 1º giugno 1926Los Angeles, 5 agosto 1962), è stata un'attrice, cantante, modella e produttrice cinematografica statunitense.È conosciuta principalmente per le sue interpretazioni di A qualcuno piace caldo (Golden Globe come Migliore attrice in un film commedia o musicale[), Gli uomini preferiscono le bionde, Fermata d'autobus, Gli spostati e Quando la moglie è in vacanza. In quest'ultimo film c'è la scena del sollevamento della gonna su una griglia di aerazione, che ha contribuito alla creazione del mito di Marilyn.Il suo mito è dovuto, oltre che al suo indiscutibile fascino, anche al suo talento artistico: Marilyn non era solo il "sogno proibito d'America", ma era anche una bravissima attrice. Il fascino che emanava dal grande schermo e dalle copertine in carta patinata ha contribuito a farne un sex symbol fuori da ogni tempo; la fragilità che ha contraddistinto la sua esistenza (per molti versi tumultuosa e culminata in una morte tanto prematura quanto misteriosa) l'ha resa una vera e propria icona della cultura pop. È stata anche una cantante, dalle doti non particolarmente eccelse ma con un timbro vocale in grado di affascinare l'ascoltatore. Fra i suoi successi, quasi tutti inseriti nel contesto dei film da lei interpretati, vi è anche la celeberrima My Heart Belongs To Daddy di Cole Porter.Altri grandi successi canori di Marilyn sono stati Bye Bye Baby, cantata nel film Gli uomini preferiscono le bionde, e I Wanna Be Loved By You, cantata nel film A qualcuno piace caldo. La Marilyn cantante è tuttavia ricordata più che altro per l'intervento canoro - immortalato in un enigmatico quanto affascinante filmato video in bianco e nero con l'artista illuminata da un semplice occhio di bue - al party di compleanno del presidente Kennedy, quando intonò - con fare malizioso ed ammiccante - Happy Birthday, Mr. President.                               








Sophia Loren, nome d'arte di Sofia Villani Scicolone (Roma, 20 settembre 1934), è un'attrice cinematografica italiana.
Entra a far parte della settima arte giovanissima e si impone ben presto, agli inizi degli anni cinquanta, come sex symbol grazie alla sua innata sensualità e un corpo da maggiorata. In pochi anni diventa una stimata attrice in tutto il mondo, soprattutto grazie al film La ciociara di Vittorio De Sica, che le fa vincere nel 1962 il Premio oscar come miglior attrice protagonista, fu la prima attrice non anglofona a vincere questo premio per un film non anglofono. Da Vittorio De Sica sarà diretta in altri film come Ieri, oggi, domani, famoso lo spogliarello finale, e Matrimonio all'italiana, per il quale riceverà una seconda nomination all'oscar; entrambi a fianco di Marcello Mastroianni, compagno di lavoro in quattordici film dal 1954 in Peccato che sia una canaglia al 1994 in Prêt-à-Porter, formando una delle migliori coppie della storia del cinema.
Inoltre, durante la sua lunga carriera Sophia Loren è divenuta il simbolo della bellezza e del buon gusto dell'Italia nel mondo, e perciò viene considerata universalmente come una delle più celebri attrici della storia del cinema italiano e mondiale.
Nel 1991 riceve da Gregory Peck l'Oscar alla carriera.

Totò, nome d'arte di Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis di Bisanzio Gagliardi, più noto come Antonio De Curtis (Napoli, 15 febbraio 1898Roma, 15 aprile 1967), è stato un attore, commediografo, paroliere, poeta e sceneggiatore italiano. Soprannominato "il principe della risata", è considerato uno dei più grandi interpreti nella storia del teatro e del cinema italiano. Nato Antonio Vincenzo Stefano Clemente e adottato nel 1933 dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas – il padre naturale, Giuseppe De Curtis, lo riconobbe legalmente soltanto nel 1937 – Cavaliere del Sacro Romano Impero (D.M. di riconoscimento 6 maggio 1941), il 18 luglio 1945 e il 7 agosto 1946 il Tribunale di Napoli, IV sez., emanò sentenze che gli riconobbero diversi titoli nobiliari che vennero registrati a pag. 42 vol. 28 del Libro d'Oro della Nobiltà Italiana tenuto presso l'archivio della Consulta Araldica (Roma, Archivio Centrale dello Stato): Principe, Conte Palatino, Nobile, trattamento di Altezza Imperiale. Con sentenza 1 marzo 1950 del Tribunale civile di Napoli il cognome di Totò venne rettificato in "Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis di Bisanzio"[, anche se sul pronao della cappella della sua tomba, nel Cimitero di Santa Maria del Pianto a Napoli, l'incisione recita solo Focas Flavio Comneno De Curtis di Bisanzio - Clemente.
Totò spaziò in tutti i generi teatrali, con oltre 50 titoli, dal variété all'avanspettacolo, alla "grande rivista" di Michele Galdieri, passando per il cinema, con 97 film interpretati dal 1937 al 1967, visti da oltre 270 milioni di spettatori, un primato nella storia del cinema italiano, e la televisione con una serie di 9 telefilm diretti da Daniele D'Anza, poco prima della scomparsa, ormai ridotto alla quasi cecità per la lunga esposizione ai fari di scena che lo aveva costretto nel 1957 ad abbandonare il palcoscenico.

Grande maschera nel solco della tradizione della Commedia dell'Arte, accostato di volta in volta a comici come Buster Keaton o Charlie Chaplin, conservò fino alla fine una sua unicità interpretativa che risaltava sia in copioni puramente brillanti (diretto, tra gli altri, da Mario Mattoli, Camillo Mastrocinque o Sergio Corbucci), sia in parti drammatiche, interpretate alla fine della carriera, con maestri del calibro di Alberto Lattuada o Pier Paolo Pasolini. A distanza di decenni i suoi film riscuotono ancora grande successo, e molte delle sue memorabili battute e gag-tormentoni sono spesso diventate anche perifrasi entrate nel linguaggio comune.


                                    

Eduardo De Filippo OMRI, noto semplicemente come Eduardo (Napoli, 24 maggio 1900Roma, 31 ottobre 1984), è stato un attore teatrale, commediografo, regista teatrale, cinematografico e poeta italiano, fra i massimi esponenti della cultura italiana del Novecento.

Figlio naturale dell'attore e commediografo Eduardo Scarpetta e della sarta teatrale Luisa De Filippo, Eduardo e i suoi fratelli furono riconosciuti come figli dalla madre di cui assunsero il cognome De Filippo. Eduardo Scarpetta, sposato il 16 marzo 1876 con Rosa De Filippo, da cui ebbe tre figli: Domenico, Maria e Vincenzo, ebbe una relazione extra-coniugale con Luisa De Filippo (figlia di Luca, fratello di Rosa De Filippo) da cui nacquero Titina, Peppino e Eduardo.
Eduardo nasce a Napoli nel quartiere Chiaia, (secondo alcuni in via dell'Ascensione n. 3 per altri in via Giovanni Bausan n. 15). A soli quattro anni è condotto per la prima volta su un palcoscenico, portato in braccio da un attore della compagnia di Scarpetta, Gennaro Della Rossa, in occasione di una rappresentazione dell'operetta La Geisha, al Teatro Valle di Roma.
Cresce nell'ambiente teatrale napoletano insieme ai fratelli Titina, la maggiore, che aveva già agli inizi degli anni '10 un suo posto nella compagnia di Vincenzo Scarpetta (uno dei figli legittimi di Scarpetta) e Peppino, il più piccolo che assieme ad Eduardo di tanto in tanto viene convocato per qualche apparizione in palcoscenico.
Nel 1912 i De Filippo vanno ad abitare in via dei Mille, e sia Eduardo che Peppino vengono mandati a studiare al Collegio Chierchia, a Foria; qui, tra tentativi di fughe ed insofferenze varie, il piccolo Eduardo inizia a dilettarsi nella scrittura, producendo la sua prima poesia, con versi scherzosi dedicati alla moglie del direttore del collegio. Rientrato a casa, parte per Roma in cerca di indipendenza economica, ospite di una zia ed in cerca di qualche lavoretto nell'ambiente cinematografico, ma senza successo. Tornato a Napoli si cimenta nelle sue prime prove d'attore: prima recita nella rivista di Rocco Galdieri, poi nella compagnia di Enrico Altieri, quindi in altre compagnie come la Urciuoli-De Crescenzo e la Compagnia Italiana. Ed è così che, tra un teatro e l'altro (San Ferdinando, Orfeo, Trianon) conosce Totò, che sarebbe diventato un suo grande amico.
Nella compagnia di Vincenzo Scarpetta
Eduardo e Pulcinella (Achille Millo)
Nel 1914 Eduardo entra stabilmente nella compagnia del fratellastro Vincenzo Scarpetta, raggiungendo così la sorella Titina; tre anni dopo, con l'ingresso nella compagnia di Peppino, i tre fratelli si ritrovano a recitare insieme. Alla fine della guerra, Eduardo presta servizio di leva nei Bersaglieri (II Reggimento, di stanza a Trastevere) ed è incaricato dal comando di organizzare piccole recite per i soldati, di cui è anche autore oltre che attore e direttore di compagnia. Durante questo periodo matura sempre di più la voglia e la capacità di essere anche autore e regista oltre che attore, giungendo a scrivere nel 1920 la sua «prima commedia vera e propria» Farmacia di turno, atto unico dal finale amaro rappresentato l'anno successivo dalla compagnia di Vincenzo Scarpetta.
Dal fratellastro, Eduardo eredita, tra l'altro, anche quella severità e quel rigore che lo caratterizzeranno per tutta la vita sul lavoro e nei rapporti con gli altri, caratteristiche sovente enfatizzate da una sorta di leggenda ma che hanno senza dubbio un fondo di verità. Vincenzo Scarpetta propone in quell'epoca un repertorio essenzialmente basato sulle commedie del celebre padre oltre a ad altre commedie, a spettacoli di rivista e a sparute incursioni nel cinema, riscuotendo un buon successo di critica e di pubblico.
Nel 1922 scrive Ho fatto il guaio? Riparerò! che va in scena al Teatro Fiorentini quattro anni dopo e che prende in seguito il titolo definitivo di Uomo e galantuomo; in questa commedia, tra le più comiche del repertorio eduardiano, l'autore introduce del temi che saranno una costante in numerose opere successive, come la pazzia (vera o presunta) e il tradimento, con un vago sentore pirandelliano che riporta al Ciampa de Il berretto a sonagli, seppur seguendo nella struttura del testo, il modello scarpettiano della farsa tradizionale. Curiosa la citazione che Eduardo inserisce nella commedia, quasi a mo' di rivalsa, del lavoro di Libero Bovio Mala nova e che il drammaturgo e poeta napoletano non gradì.
Il rilievo che Eduardo acquisisce nella compagnia di Scarpetta è già notevole, nonostante la giovane età; ciò lo porta anche a maturare, specie nelle stagioni teatrali estive, esperienze diverse come le recite con i cosiddetti "seratanti" nel 1921 o come la messa in scena di Surriento gentile, idillio musicale di Enzo Lucio Murolo opera per la quale Eduardo cura, per la prima volta nella sua lunga carriera, la regia (16 settembre 1922).
Dopo la morte di Eduardo Scarpetta (29 novembre 1925), Eduardo va a convivere con una giovane di nome Ninì, per la quale compone alcune poesie d'amore (tra cui E mmargarite, la più antica tra quelle in seguito pubblicate); viene raggiunto quindi dal fratello Peppino, che nel frattempo ha recitato senza alcun positivo riscontro economico, con la Compagnia Urciuoli, e che forse spera di poter anch'egli essere scritturato da Scarpetta. Ma Eduardo decide di tentare l'avventura del teatro in lingua e si fa scritturare nella compagnia di Luigi Carini come attore "brillante" convincendo l'impresario a prendere anche Peppino. Ma Peppino ci ripensa per entrare nella Compagnia Vincenzo Scarpetta come sostituto del fratello. La parentesi dura poco ed Eduardo rientra nei ranghi, scrivendo nel 1926 Requie a l'anema soja (poi diventata I morti non fanno paura) in cui recita vestito da "vecchio"; così dirà, molti anni dopo in un'intervista: «Non vedevo l'ora di diventare vecchio: così, pensavo, non avrò più bisogno di truccarmi. E poi, se faccio il vecchio da adesso, lo posso portare avanti. Se invece mi metto a fare il giovane, presto diranno: "È invecchiato!"». Il tema della pazzia, stavolta vera e non presunta, torna prepotentemente nella commedia successiva, dal titolo emblematico di Ditegli sempre di sì che la compagnia di Scarpetta rappresenterà per la prima volta nel 1927.
Le prime esperienze in proprio
Al termine della stagione teatrale del 1927, Eduardo tenta un esperimento "in proprio", mettendo su una sorta di cooperativa di attori senza produttore nè finanziatore diretti, e per la quale chiama i fratelli Peppino e Titina a recitare in un sodalizio artistico con Michele Galdieri (amico di Eduardo e figlio del poeta Rocco); nasce così la Compagnia Galdieri-De Filippo, di cui Eduardo è il direttore, che debutta con successo al Fiorentini di Napoli il 27 luglio con lo spettacolo dal titolo scaramantico La rivista ...che non piacerà.
In quel periodo Eduardo conosce Dorothy Pennington ("Dodò"), un'americana di Philadelphia di cui si innamora, nonostante l'avversione della famiglia di lei, e che sposa a Roma con il rito evangelico il 12 dicembre 1928. Intanto proseguono i tentativi di mettersi in proprio assieme ai fratelli e ancora come attore, autore e capocomico lavora nella De Filippo - Comica Compagnia Napoletana d'Arte Moderna. Sempre nel 1928 scrive l'atto unico Filosoficamente, che propone una sorta di ritratto della rassegnazione di un piccolo borghese; il testo però è il solo dell'autore napoletano a non essere mai stato portato sulla scena.
Nel 1929, usando degli pseudonimi (R. Maffei, G. Renzi e H. Retti), Eduardo e Peppino mettono in scena lo spettacolo comico Prova generale. Tre modi di far ridere, lavoro in tre atti con prologo ed epilogo di Galdieri, rappresentato al Fiorentini. Numerose saranno negli anni a venire, le volte in cui Eduardo si firmerà, come autore teatrale con vari pseudonimi (tra i più noti, Tricot, Molise, C. Consul); ciò al fine di superare le difficoltà che aveva in quegli anni a farsi riconoscere dagli impresari i suoi diritti d'autore.
"La Ribalta Gaia"
Ma ben presto, Eduardo, Peppino e Titina vengono chiamati dall'impresario della Compagnia Molinari, appena privatasi dell'apporto di Totò che vi aveva recitato, a costituire una ditta autonoma all'interno della compagnia stessa, la Ribalta Gaia, assieme a Pietro Carloni, Carlo Pisacane, Agostino Salvietti, Tina Pica e Giovanni Bernardi. I tre ottennero un buon successo nella rivista Pulcinella principe in sogno.... Ed è all'interno dello spettacolo che viene inserita, come sketch, Sik-Sik, l'artefice magico, tra le commedie più riuscite del periodo giovanile eduardiano, rappresentata al Teatro Nuovo nel 1929 (secondo alcuni nel 1930). Lo spettacolo, che narra con ilarità malinconica i risvolti amari della vita di un artista tormentato, povero e anche un po' filosofo, ottiene a Napoli un clamoroso successo di critica e di pubblico che viene in parte a mancare nella successiva rappresentazione estiva a Palermo, dove Titina, inadatta al ruolo per lei non consono di soubrette, viene fischiata.
Eduardo è lanciato verso il successo e collabora anche agli altri copioni della Compagnia Molinari, come autore (con Mario Mangini in Follia dei brillanti e La terra non gira, con Carlo Mauro in La signora al balcone, con Mangini e Mauro in C'era una volta Napoli, Le follie della città, È arrivato 'o trentuno, S'è 'nfuocato o sole!, Cento di questi giorni e Vezzi e riso).
Il Teatro Umoristico "I De Filippo"
I Fratelli De Filippo
Dal 1931 finalmente il sogno dei tre fratelli d'arte di recitare assieme in una compagnia tutta loro diventa realtà. Eduardo fonda, raccogliendo l'adesione dei fratelli, la compagnia del Teatro Umoristico "I De Filippo", che debutta con successo a Roma. Dopo alcune recite a Milano, la compagnia è a Napoli al Teatro Kursaal (poi Filangieri) dove rappresentano O chiavino di Carlo Mauro, Sik-Sik e per la prima volta la commedia scritta da Peppino Don Rafele 'o trumbone. Vanno quindi in scena l'adattamento L'ultimo Bottone (di Munos Seca e Garcia Alvarez) e una nuova commedia scritta da Eduardo dal titolo Quei figuri di trent'anni fa (titolo originario mutato per la censura, La bisca). Gli ultimi giorni dell'estate i De Filippo sono a Montecatini dove presentano alcuni sketch assieme alla soubrette emergente Ellen Meis, senza riscuotere particolare successo, prima di tornare a recitare per l'ultima volta con la Molinari. Il 1931 è anche l'anno in cui Eduardo presenta, sotto lo pseudonimo di Tricot, Ogni anno punto e da capo, in occasione di una serata della festa di Piedigrotta dedicata alla canzone al Teatro Reale, la cui prima rappresentazione avviene al Teatro Nuovo, all'interno dello spettacolo di rivista Cento di questi giorni, in occasione di una serata in onore del fratello Peppino. La scatenata verve comica dei tre fratelli risaliva alle forme farsesche dell'antica commedia dell'Arte, che Eduardo conosceva bene avendola studiata e non condividendone la visione che gli studiosi avevano di essa: si dimostrò, infatti, critico verso l'agiografia degli attori che ne veniva fatta.
Natale in casa Cupiello [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Natale in casa Cupiello.
La commedia forse più nota di Eduardo, Natale in casa Cupiello, portata in scena per la prima volta al Teatro Kursaal di Napoli, il 25 dicembre 1931, segna di fatto l'avvio vero e proprio della felice esperienza della Compagnia del "Teatro Umoristico I De Filippo", composta dai tre fratelli e da attori già famosi o giovani alle prime armi che lo diventeranno (Agostino Salvietti, Pietro Carloni, Tina Pica, Dolores Palumbo, Luigi De Martino, Alfredo Crispo, Gennaro Pisano). A giugno Eduardo aveva firmato un contratto con l'impresario teatrale che lo impegnava per soli nove giorni di recite per presentare il suo nuovo atto unico subito dopo la proiezione di un film. Il successo della commedia fu tale che la durata del contratto fu prolungata sino al 21 maggio 1932. Nata come atto unico (l'odierno 2°), Eduardo aggiunse alla commedia altri due atti, quello di apertura (nel 1932 o 1933) e quello conclusivo, dalla cronologia piuttosto controversa (per alcuni fu scritto nel 1934, secondo altri addirittura nel 1943, secondo un'ipotesi più probabile ed avallata più tardi anche dallo stesso autore che però definirà anche più tardi la commedia come «parto trigemino con una gravidanza durata quattro anni»). Nel Natale eduardiano tutto ruota attorno ad un pranzo natalizio che viene scosso da un dramma della gelosia. Sullo sfondo, il ritratto tragicomico del protagonista, Luca Cupiello, figura ingenua di un vecchio con comportamenti fanciulleschi ed immerso nelle sue fantasie e nel suo amore per il presepe, cui si dedica con passione, apparentemente incurante delle tragiche vicende familiari che gli ruotano attorno. Aspetti autobiografici sono rilevabili nella commedia, sebbene mai confermati dall'autore: i nomi dei protagonisti, Luca e Concetta, sono i medesimi infatti dei nonni di Eduardo.
L'avanspettacolo 
Il prolungamento del contratto al Kursaal costringe la compagnia ad un superlavoro, dovendo cambiare spettacolo in cartellone praticamente ogni settimana, come consuetudine in quegli anni di avanspettacolo, dove si recitava subito dopo la proiezione di un film. Numerosi sono i lavori portati in scena: oltre a Natale in casa Cupiello, la compagnia proponeva sovente Sik-Sik, Quei figuri di trent'anni fa oppure commedie in collaborazione con Maria Scarpetta, sorellastra di Eduardo, come Parlate al portiere, Una bella trovata, Noi siamo navigatori, Il thè delle cinque, Cuoco della mala cucina. Curioso è l'episodio della parodia di Cavalleria rusticana che la compagnia portava in scena e che turbò Pietro Mascagni al punto da farne bloccare le repliche. Nell'estate del 1932, la compagnia si trasferisce al cinema-teatro Reale mietendo un buon successo di pubblico e di critica; i tre fratelli vengono ormai chiamati semplicemente con il loro nome di battesimo, Eduardo, Peppino e Titina.
Al Sannazaro 
Proprio quando i piccoli cinema-teatri dell'avanspettacolo iniziano a stare stretti alla compagnia "I De Filippo", e nello stesso tempo in cui Eduardo e Peppino sono impegnati con Tito Schipa nella lavorazione nel film Tre uomini in frac di Mario Bonnard, l'impresario del Teatro Sannazaro li scrittura per la stagione del celebre teatro napoletano. Il nuovo sodalizio, che perde Salvietti ma mantiene tra gli altri, Carloni e Pisano, vede una maggiore presenza di Titina come prima attrice della compagnia; il debutto è datato 8 ottobre 1932 con Chi è cchiu' felice 'e me! (due atti di Eduardo, scritta nel 1929) e Amori e balestre (atto unico di Peppino). Si inizia così a formare un primo "repertorio eduardiano" che la compagnia "I De Filippo" porta sulle scene, alternandolo con lavori scritti da Peppino e Titina stessi o da Maria Scarpetta, Ernesto Murolo e Gino Rocca.
La conquista dell'Italia
Eduardo incontra Pirandello (1933)
Eduardo inizia a sentire il bisogno di abbandonare il "provincialismo" napoletano della compagnia e, anche spinto da benevoli spunti della critica decide che è giunto il momento per la sua compagnia di operare il decisivo salto di qualità per iniziare a calcare i più prestigiosi teatri italiani. Fu decisivo in tal senso l'incontro casuale con Luigi Pirandello, che ebbe come conseguenze una grande interpretazione dell'opera Berretto a sonagli nei panni di Ciampa (1936), la messa in scena di Liolà e la scrittura della commedia L'abito nuovo.
Il 20 dicembre 1944 recitò per l'ultima volta, al teatro Diana di Napoli, accanto a Peppino, con il quale esplose il diverbio finale: quindi fondò la nuova compagnia teatrale che si chiamò semplicemente "Il Teatro di Eduardo".
La ricostruzione del Teatro San Ferdinando 
Eduardo e Totò
Nel 1948 egli acquistò il semidistrutto Teatro San Ferdinando di Napoli, investendo tutti i suoi guadagni nella ricostruzione di un antico teatro ricco di storia, mentre Napoli viveva una triste stagione all'insegna della più assurda speculazione edilizia. Il San Ferdinando fu inaugurato il 22 gennaio 1954 con l'opera Palummella zompa e vola. Eduardo cercò di salvaguardare la facciata settecentesca dello stabile realizzando all'interno un teatro tecnicamente all'avanguardia per farne una "casa" per l'attore e per il pubblico. Al San Ferdinando interpretò le sue opere, ma mise in scena anche testi di autori napoletani per recuperare la tradizione e farne un "trampolino" per un nuovo Teatro.
Adottò il parlato popolare, conferendo in questo modo al dialetto napoletano la dignità di lingua ufficiale, ma elaborò una lingua teatrale che travalicò napoletano ed italiano per diventare una lingua universale. Non vi è dubbio che l'azione e l'opera di Eduardo De Filippo siano state decisive affinché il "teatro dialettale", precedentemente giudicato di second'ordine dai critici, fosse finalmente considerato un "teatro d'arte".
Tra le opere più significative di questo periodo meritano una citazione particolare Napoli milionaria! (1945), Questi fantasmi! e Filumena Marturano(entrambi del 1946), Mia famiglia (1953), Bene mio e core mio (1956), De Pretore Vincenzo (1957), Sabato, domenica e lunedì (1959) scritto apposta per l'attrice Pupella Maggio nei panni della protagonista.
L'impegno politico 
Eduardo con Sandro Pertini
Eduardo non abbandonò mai il suo impegno politico e sociale che lo vide in prima linea anche ad ottant'anni quando, nominato senatore a vita lottò in Senato e sul palcoscenico per i minori rinchiusi negli istituti di pena. Nel 1962 partì per una lunga tournée in Unione Sovietica, Polonia ed Ungheria dove poté toccare con mano la grande ammirazione che pubblico ed intellettuali avevano per lui.
Tradotto e rappresentato in tutto il mondo, combatté negli anni sessanta per la creazione a Napoli di un teatro stabile. Continuò ad avere successo e nel 1963 gli venne conferito il "Premio Feltrinelli" per la rappresentazione Il sindaco del rione Sanità (da cui nel 1997 sarà tratto un film interpretato da Anthony Quinn).
Del 1973 è Gli esami non finiscono mai, allestito con successo per la prima volta a Roma: tale commedia gli permise di vincere il "premio Pirandello" per il teatro l'anno successivo. Dopo aver ricevuto due lauree honoris causa (prima a Birmingham nel 1977 e poi a Roma nel 1980) nel 1981 fu nominato senatore a vita e aderì al gruppo della Sinistra Indipendente.
Quando morì, la camera ardente venne allestita al Senato e dopo le solenni esequie trasmesse in diretta televisiva e il commosso saluto di oltre trentamila persone fu sepolto al cimitero del Verano.
Nel teatro italiano, la lezione di Eduardo resta imprescindibile non solo per quanto concerne la contemporanea drammaturgia napoletana (Annibale Ruccello ed Enzo Moscato) e tutta quella fascia di "spettacolarità" tra cinema-teatro-televisione che ha riconosciuto in Massimo Troisi il proprio campione; ma tracce dell'influenza di Eduardo si riconoscono anche in Dario Fo ed in tutta una serie di giovani "attautori" come Ascanio Celestini (soprattutto in merito al linguaggio) o di personalità sconosciute al grande pubblico che lavorano nell'ambito della "ricerca" (si ricordi ad esempio Gaetano Ventriglia).
Il cinema 
Eduardo e Totò nel film Napoli milionaria (1950)
Dal 1932 Eduardo De Filippo entrò prepotentemente anche nel mondo del grande schermo, sia come attore che come regista (ed occasionalmente anche come sceneggiatore): il suo esordio sul set avvenne con Tre uomini in frac di Mario Bonnard (1932). Eduardo venne scritturato assieme al fratello Peppino da Giuseppe Amato che li aveva visti recitare al Teatro Kursaal di Napoli. Il film aveva come protagonista il celebre cantante Tito Schipa al quale i due fratelli fanno da spalla.  La prima regia di Eduardo fu nel film, di cui fu anche interprete, In campagna è caduta una stella del 1940.
Amico e collaboratore di Vittorio De Sica, per Vittorio egli inventò alcuni personaggi divertenti in alcune pellicole (Tempi nostri e L'oro di Napoli) e curò la sceneggiatura di Matrimonio all'italiana (1964), remake di Filumena Marturano, film diretto da Eduardo nel 1951 con lui e la sorella Titina protagonisti. Nel 1950 diresse e interpretò con Totò Napoli milionaria!.
Dopo la regia di Spara forte, più forte... non capisco! del 1966 Eduardo abbandonò il cinema per dedicarsi alla TV, per la quale ripropose le sue commedie per tutto il decennio successivo e, nel 1984, l'anno della sua morte, interpretò il suo ultimo ruolo: il vecchio maestro nello sceneggiato Cuore, diretto da Luigi Comencini e tratto dal libro di Edmondo De Amicis.
Eduardo avrebbe dovuto partecipare al film Porno-Teo-Kolossal di Pier Paolo Pasolini, rimasto incompiuto per la morte prematura del regista.
Vita privata 

« 'A vita è tosta e nisciun' t'aiuta. O meglio c'sta chi t'aiuta, ma una volta sola... pè putè di': "T'aggio aiutato". »

(Eduardo De Filippo, Il sindaco del rione Sanità)
La vita privata di Eduardo, frenetica e confusa nel periodo pre-bellico, trovò invece pace e serenità negli anni della vecchiaia.
Tre sono state le donne importanti e straordinarie nella sua vita: Dorothy Pennington (una giovane e colta americana che sposò nel 1928; il matrimonio fu annullato nel 1952 con sentenza del tribunale della Repubblica di San Marino, poi convalidata anche da quello di Napoli nel 1955), Thea Prandi (madre dei suoi figli Luisa e Luca, sposata il 2 gennaio 1956) e, infine, Isabella Quarantotti, scrittrice e sceneggiatrice che sposò il 4 febbraio 1977.  Tre mesi dopo, suo figlio Luca lo fa diventare nonno.
Nel corso di pochi anni sopportò gravi lutti familiari: prima la morte della figlia Luisella, avvenuta il 5 gennaio 1960, poi quella della moglie (da cui si era peraltro separato l'anno prima), il 9 giugno 1961 ed infine l'addio alle scene (1953) e la morte (1963) di Titina, la sorella da sempre "ago della bilancia" tra le forti personalità di Eduardo e di Peppino. Il 4 marzo 1974, in seguito a un malore durante una rappresentazione scenica, gli fu applicato un pacemaker; tuttavia il 27 marzo era di nuovo sul palcoscenico.
Dissidio tra Eduardo e Peppino 
Nel 1944, Peppino lascia la compagnia, per via di contrasti con il fratello Eduardo (dovuti anche alla relazione che Peppino aveva iniziato con Lidia Maresca, che divenne poi la sua seconda moglie. Questa separazione consentirà a Peppino di trovare un suo stile come autore, distinguendosi da Eduardo per il tono delle sue commedie, più leggero.
Nonostante le voci di riconciliazione con il fratello Peppino in occasione della malattia di questi nel 1980, ripetute anche di recente dal figlio Luigi:

« Anni e anni dopo, quando mio padre si ammalò, avvisai Eduardo. Un po' si fece pregare, ma poi riuscii ad accompagnarlo in clinica; li lasciai da soli. Avevano tante cose da dirsi e poco tempo. Devo ammettere che come famiglia siamo stati molto uniti in scena, ma una volta chiuso il sipario, ognuno faceva la sua vita. Ho continuato a vedere Eduardo anche dopo il litigio.
secondo alcuni scrittori di argomenti teatrali i due fratelli in realtà non riuscirono a ricomporre i propri dissidi. "I giornali scrissero quello che il pubblico voleva leggere"[
Anche in occasione della morte di Titina nel 1963, Eduardo e Peppino avevano litigato accesamente, davanti alla sorella defunta e agli attoniti familiari di lei, a proposito del luogo di sepoltura.
Si è scritto che alla notizia del peggioramento delle condizioni di Peppino, Eduardo andò sì a fargli visita ma una volta morto il fratello non partecipò alle esequie e la sera, rivolto al pubblico del teatro Duse di Bologna disse: "Adesso mi manca. Come compagno, come amico, ma non come fratello"
L'eredità

« Eduardo è un puro napoletano; ma non c’è attore più avaro di lui nei movimenti. Non si accontenta di dominare la scena; concentra su di sé la sala intera… E questo, con un’economia fisica quasi irreale. Non c’è un suo equivalente fra gli attori di cinema, che si pensa siano costretti a trattenersi dalla vicinanza della macchina da presa. Ma, anche quando recita nella sala più grande, Eduardo riesce a proiettarsi in «primo piano» fino in fondo al loggione. È il più grande attore del mondo. »

L'aver recitato al fianco di Eduardo è stato, per gli attori già noti al grande pubblico, il coronamento della carriera artistica; per altri, ancora sconosciuti, un irripetibile trampolino di lancio. Se ne elencano alcuni:
Eduardo esercitò le sue capacità anche come insegnante essendo stato incaricato dall'Università "la Sapienza" di Roma come docente a contratto di Drammaturgia tra il 1981 e l'82.
È sepolto al Cimitero del Verano di Roma.








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